Di Clara Statello per l'AntiDiplomatico
Nonostante gli audaci attacchi ucraini contro infrastrutture ferroviarie e, soprattutto, contro le basi dell'aviazione strategica russa, il processo negoziale tra Russia e Ucraina prosegue. La Russia si è presentata ieri al tavolo di Istanbul, confermando la sua disponibilità al dialogo nonostante le provocazioni di Kiev. Questo atteggiamento, lungi dall'essere un segnale di debolezza, appare come una mossa strategica di Vladimir Putin volta a capitalizzare un inaspettato vantaggio negoziale ottenuto proprio dalle azioni di Volodymyr Zelensky.
La strategia ucraina e dei suoi alleati occidentali negli ultimi mesi si è concentrata sullo screditare la credibilità di Mosca agli occhi di Donald Trump, con l'obiettivo di spingere il presidente americano a esercitare maggiore pressione sulla Russia. L'attacco diretto alle componenti della triade nucleare russa, rivendicato con orgoglio da Kiev, ha paradossalmente prodotto l'effetto opposto. Zelensky ha infatti mostrato una volontà di escalation che potrebbe spaventare non solo Trump, ma anche quei paesi europei che, pur sostenendo Kiev, temono un allargamento del conflitto.
Chi si aspettava una ritorsione immediata e massiccia da parte russa nella notte successiva agli attacchi è rimasto sorpreso. La difesa aerea russa ha respinto un ennesimo attacco di droni ucraini, e le risposte sul territorio ucraino sono state mirate. Questa mancata reazione "proporzionale e simmetrica" non indica incertezza, bensì una precisa scelta di Mosca: proseguire il negoziato, dimostrando quella serietà che Trump aveva auspicato.
Gli attacchi ucraini, lungi dal indebolire la posizione russa al tavolo negoziale, l'hanno rafforzata. Essi forniscono a Mosca un potente argomento per dimostrare agli Stati Uniti e alla comunità internazionale che Kiev rappresenta una minaccia concreta alla sua sicurezza e integrità territoriale. Le dichiarazioni del capo dell'SBU ucraino, Vasilly Maliuk, che ha parlato di danni "gravi e irreparabili" alla deterrenza nucleare russa, pur ridimensionate dalle verifiche satellitari, sono una decina e non 40 i aerei coinvolti, hanno acceso un campanello d'allarme a livello internazionale.
Kiev ha inequivocabilmente mostrato a Mosca la sua capacità di colpire la deterrenza strategica, rendendola potenzialmente più vulnerabile agli occhi della NATO. Questa mossa rischia di spingere la Russia, in caso di fallimento dei negoziati, a un salto di qualità nel conflitto, con una formale dichiarazione di guerra, una mobilitazione generale e il passaggio a un'economia di guerra, forte di un rinnovato sostegno nazionalista interno. Non va inoltre sottovalutata la possibilità che Mosca possa invocare l'articolo 4 del trattato di partenariato strategico con la Corea del Nord per compensare un'ipotetica diminuzione della sua capacità di deterrenza.
Il silenzio della Casa Bianca di fronte a queste azioni di Kiev è emblematico del disagio occidentale. Anche Mosca ha mantenuto un profilo basso, evitando dichiarazioni incendiarie per non compromettere i colloqui di ieri. La telefonata tra il ministro degli Esteri russo Lavrov e il segretario di Stato americano Rubio, su iniziativa russa, con la ribadita richiesta di Trump di negoziati diretti per una pace duratura, sottolinea la delicatezza del momento.
La Russia si siede al tavolo di Palazzo Çırağan portando con sé un ramoscello d'ulivo, ma anche la consapevolezza di essere una potenza nucleare "ferita". Se il negoziato dovesse fallire, Putin avrà gioco facile nell'attribuire a Kiev la responsabilità. A quel punto, la reazione di Trump e la tenuta del fronte dei "volenterosi" europei saranno cruciali per il futuro del conflitto. La mossa azzardata di Zelensky, nel tentativo di screditare Mosca, potrebbe paradossalmente aver rafforzato la posizione negoziale di Putin, mettendo l'Occidente di fronte a scelte difficili e potenzialmente divisive.

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