Di Lorenzo Guadagnucci per Altroconsumo
“Per quanto riguarda le misure disciplinari, la Corte ha dichiarato più volte che, quando degli agenti dello Stato sono imputati per reati che implicano dei maltrattamenti, è importante che siano sospesi dalle loro funzioni durante l’istruzione o il processo e che, in caso di condanna, ne siano rimossi”: così la Corte europea per i diritti umani nella famosa sentenza Cestaro (2015) sul caso Diaz.
Il passo viene in mente di fronte alle polemiche nate dalla fresca nomina di Filippo Ferri a questore di Monza. Ferri nel processo Diaz fu condannato a tre anni e otto mesi, con annessa -automatica- sospensione dai pubblici uffici per cinque anni, ma né lui né altri sono stati mai sospesi durante i processi, tanto meno “rimossi” dopo la condanna definitiva (2012).
Di più: nessuno -salvo forse uno, multato per 47 euro- è stato nemmeno sottoposto a procedimenti disciplinari. E dire che la “perquisizione” alla Diaz fu qualificata dalla Corte europea come un caso di tortura e che la condotta dei vertici di polizia e dello Stato fu fortemente stigmatizzato dai giudici di Strasburgo, specie per la constatazione che la polizia “ostacolò impunemente” l’azione della magistratura.
Che dire, dunque, del “caso Ferri”? Una cosa semplice: che il governo italiano, con qualche ragione a dire il vero, ritiene che il caso Genova G8 sia chiuso e archiviato, ormai dimenticato dall’opinione pubblica, per cui nulla osta alla nomina a questore di un funzionario con un passato così problematico.
E non si sbaglia, il governo, se guardiamo all’assenza quasi totale di reazioni, se non fosse per un appello di gruppi e associazioni della Brianza e qualche debole iniziativa parlamentare (la senatrice Ilaria Cucchi e forse qualche altro); tacciono i commentatori, tacciono i giornalisti “esperti” di forze dell’ordine, tacciono i leader politici e sindacali. Del resto Ferri non è il primo fra i condannati nel processo Diaz a rientrare nei ranghi, e con ruoli di rilievo, a pena scontata.
La verità è che in Italia abbiamo rimosso Genova G8, abbiamo permesso che l’onda lunga degli abusi, delle violenze, dei falsi e delle menzogne si estendesse nel tempo e coprisse di un manto oscuro il volto delle forze dell’ordine, minando alla radice la loro credibilità democratica. Non vi è stata al tempo alcuna autocritica in seno alle polizie, né furono presi i provvedimenti necessari: sospensioni, licenziamenti, riforme. Genova G8, in questo modo, non è stata una caduta improvvisa e circoscritta della legalità costituzionale, né una pagina nera ormai chiusa e superata. Genova G8, piuttosto, è un biglietto da visita che le forze dell’ordine italiane continuano a presentare a chi governa e a tutti i cittadini.

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