Marco Nesci
L'Asia meridionale è nuovamente sull'orlo di un conflitto su vasta scala, con India e Pakistan, entrambe potenze nucleari, impegnate in una pericolosa escalation militare negli ultimi giorni. Gli eventi che si sono susseguiti dal 7 maggio hanno acceso un faro di allarme sulla comunità internazionale, mettendo in evidenza la terrificante possibilità di uno scontro tra due paesi in possesso di armi atomiche.
Secondo quanto emerso, l'India ha inizialmente lanciato attacchi missilistici il 7 maggio, in quella che è stata definita l'Operazione Sindoor, mirando a presunti gruppi militanti in territorio pakistano e nel Kashmir pakistano. Questa azione, secondo Nuova Delhi, era una risposta a un attacco terroristico avvenuto in Kashmir il 22 aprile. Il Pakistan ha replicato con l'Operazione Bunyan al-Marsus intorno al 10 maggio, con notizie di attacchi che avrebbero colpito diverse aree in India.
La tensione è ulteriormente aumentata con segnalazioni di attacchi incrociati lungo la Linea di Controllo e il confine internazionale. L'India ha riferito di aver risposto a bombardamenti e attacchi di droni pakistani in numerose zone il 9 maggio. Dal canto suo, il Pakistan ha dichiarato di aver preso di mira basi aeree indiane a Nur Khan, Murid e Rafiqi.
Le cronache dei media hanno dipinto scenari preoccupanti, parlando di intense battaglie aeree che avrebbero coinvolto decine di velivoli da entrambe le parti, sebbene i dettagli e l'esito rimangano oggetto di versioni contrastanti. In un clima già surriscaldato, si è diffusa anche la notizia di un presunto cyberattacco pakistano che avrebbe messo fuori uso una parte significativa della rete elettrica indiana; tuttavia, questa specifica informazione è stata categoricamente smentita dal Press Information Bureau indiano, che l'ha definita una notizia falsa volta a generare panico.
Un ulteriore elemento di grave inquietudine è giunto dalla notizia, riportata inizialmente dai media pakistani il 10 maggio, di una convocazione d'urgenza dell'Autorità di Comando Nazionale del Pakistan, l'organismo responsabile delle armi nucleari del Paese. Sebbene funzionari pakistani abbiano successivamente negato che tale riunione si sia tenuta, in seguito a quanto riferito da contatti con gli Stati Uniti, il solo fatto che l'ipotesi sia stata sollevata sottolinea la gravità potenziale della situazione e il timore di un'escalation incontrollata fino al livello nucleare.
Di fronte a questo scenario allarmante, caratterizzato da attacchi militari, rivendicazioni contrastanti e il concreto rischio di un conflitto tra potenze atomiche, spicca ancora una volta il silenzio e l'inazione dell'Unione Europea. In un momento in cui la diplomazia e l'intervento internazionale sarebbero cruciali per stemperare la tensione e promuovere un cessate il fuoco e negoziati, l'assenza di una voce forte e unitaria da parte dell'UE è assordante e vergognosa.
È profondamente preoccupante assistere all'ennesimo divampare di ostilità, specialmente in una regione dove le conseguenze di un conflitto più ampio sarebbero catastrofiche non solo per i paesi direttamente coinvolti, ma per il mondo intero. L'inerzia della comunità internazionale, e in particolare dell'Unione Europea, nel farsi promotrice di un'immediata de-escalation e di un percorso negoziale è, per l'ennesima volta, sconcertante e inaccettabile. La storia insegna che in questi frangenti critici, l'assenza di un impegno diplomatico risoluto può avere conseguenze inimmaginabili. È tempo che l'Europa rompa il suo silenzio e agisca con urgenza per scongiurare l'ombra di una guerra nucleare. Ma oggi l'Europa è impegnata ad armarsi e preparare la guerra alla Russia, in un crescente vortice di demenzialità, arroganza ma soprattutto indifferenza verso le sofferenze dei suoi popoli in una eventuale guerra.

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