di Marco Nesci
Scorriamo le nostre vite digitali, navighiamo tra notizie che sfilano veloci, spesso insensibili, anestetizzati da un flusso costante. Ci crediamo illuminati, democratici, custodi dei diritti umani, la vetta di una civiltà superiore. Poi, all'improvviso ma con sempre più frequenza, un click, un video, e l'abisso si spalanca. Immagini che arrivano, filtrate, censurate dai canali ufficiali, ma inarrestabili nel loro orrore sui margini del web. Immagini da Gaza.
Sono filmati che feriscono nel profondo, che urlano contro il silenzio complice. Volti che mai vedremo nei nostri telegiornali fasulli, corpi che la "stampa libera" ignora volutamente per non dover fare i conti con la propria vergogna. Sono i bambini. Soprattutto i bambini. Non si tratta di statistiche asettiche, ma di carne, sangue, fumo. Vediamo un ragazzo sollevare per un braccino il corpicino annerito di un bimbo di forse tre anni, un fagotto di cenere che ancora fuma, come un tizzone strappato dalle braci. Vediamo madri e padri correre disperati, con i corpi penzolanti dei loro figli tra le braccia, in una folle, inutile corsa verso un soccorso che non arriva, verso strutture mediche improvvisate, spesso bersaglio a loro volta, della furia omicida israeliana.
Vediamo piccoli esseri tremanti, gettati a terra, con ferite che squarciano arti e volti, coperti di sangue e polvere, i loro pianti strazianti come una colonna sonoro dell'inferno. Decine di migliaia, trentamila bambini massacrati in pochi mesi. Decine di migliaia feriti, mutilati. Orfani che vagano nel nulla, fantasmi affamati in un paesaggio di rovine raso al suolo dalla furia omicida, morendo lentamente per mancanza di cure, di cibo, di speranza. Perché l'aiuto umanitario viene impedito, bloccato, negato. Anzi, chi cerca di portarlo, chi cura, chi salva, diventa a sua volta un bersaglio. Medici, infermieri, volontari uccisi, con cinismo e disprezzo razzista dai militari di Netanyahu
Tutto questo accade sotto gli occhi di un Occidente che si volta sempre dall'altra parte. Non solo indifferenza, ma complicità attiva. Complicità di chi nasconde la verità, di chi minimizza, di chi fornisce le armi che compiono il massacro, di chi giustifica l'ingiustificabile con cinismo glaciale e strafottenza morale, invocando un "diritto alla difesa" che si traduce in annientamento e genocidio.
Personalmente, il peso di questa appartenenza al "mondo occidentale" mi è insopportabile. Mi schiaccia una vergogna profonda, che brucia più delle immagini che vedo. Non riesco a distogliere lo sguardo, non riesco a non soffrire con quei bambini, con quelle madri e quei padri. Le loro grida mi perforano l'anima. Penso ai miei figli. Quello che ho visto, l'indifferenza che ho testimoniato nella nostra "civiltà", è una cicatrice indelebile.
Non potrò mai dimenticare. E non smetterò di urlare. Non smetterò di denunciare. Chiederò, con ogni parte del mio essere, che questo genocidio abbia fine. Scenderò in piazza, userò ogni voce che ho per chiedere conto, per chiedere giustizia. Chi ha taciuto, chi ha armato, chi ha giustificato questa barbarie, chi ha guardato altrove mentre i bambini venivano bruciati vivi, non potrà mai essere assolto. La vostra compartecipazione a questo orrore è un marchio infamante. La storia, prima o poi, presenterà il conto per i vostri crimini contro l'umanità.

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