Redazionale:
Città del Messico/Bogotà – Le recenti elezioni in Ecuador continuano a generare polemiche e tensioni regionali, con il Messico che ha annunciato di non riconoscere il risultato elettorale e la Colombia che esprime serie riserve. Sull'esito che ha visto prevalere Daniel Noboa gravano le accuse di brogli e irregolarità denunciate dall'opposizione e da diverse organizzazioni internazionali, mentre il silenzio di attori come Unione Europea, Stati Uniti e Italia solleva interrogativi.
La posizione più netta arriva dal Messico, che mantiene le distanze dal governo di Noboa a seguito della controversa irruzione nell'ambasciata messicana a Quito.
La Colombia, per voce del suo Presidente Gustavo Petro, ha chiaramente indicato di non poter riconoscere un processo elettorale svoltosi in "stato d'assedio". Petro ha sottolineato come la dichiarazione dello stato di emergenza in sette province e il ruolo direttivo dell'esercito durante il giorno delle elezioni, sia nelle operazioni ai seggi che nel conteggio dei voti, compromettano la libertà del voto stesso.
Le denunce di irregolarità sono state sollevate con forza anche da Luisa González, candidata presidenziale del movimento politico Rivoluzione Cittadina e principale sfidante di Noboa, che ha definito i risultati presentati dal Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) come fraudolenti. Diverse organizzazioni di osservatori internazionali e forze politiche interne hanno corroborato queste denunce, citando, tra le altre cose, la mancata richiesta di congedo da parte del presidente uscente per partecipare alla competizione elettorale, le restrizioni al voto per gli ecuadoriani all'estero, la riassegnazione dei seggi all'ultimo minuto e, in particolare, la validazione da parte del CNE di verbali privi delle firme necessarie, sempre a beneficio del candidato poi risultato vincitore, Daniel Noboa.
Di fronte a questo scenario di accuse e disconoscimenti internazionali, risalta il silenzio dell'Unione Europea, degli Stati Uniti e dell'Italia, sempre pronte a disconoscere elezioni valide se vince uno che a loro non piace. Mentre la missione di osservazione elettorale dell'Unione Europea ha rilasciato dichiarazioni ambigue tendenti a non avvalorare le accuse di frode su larga scala, ( non sia mai ne facciano una giusta) la percezione diffusa, soprattutto in alcuni ambiti latinoamericani, è che il contestato esito elettorale è frutto delle politiche e delle pressioni statunitensi. Questa apparente acquiescenza, poco convinta, legata anche alla figura di Noboa descritto come "amico di Trump" alimenta ulteriormente il dibattito sulla trasparenza e legittimità del processo democratico in Ecuador e sulle dinamiche geopolitiche regionali e internazionali.

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