Policy

progettare il futuro

Cookie-Policy

Privacy-Policy

Terms-and-conditions


facebook
instagram
youtube
whatsapp
tiktok

A Torino, sotto processo non solo No Tav e Askatasuna, ma le lotte sociali italiane

2025-03-31 05:00

Redazionale

politica interna, #NoTav, #Askatasuna, #LotteSociali, #Repressione, #DirittoDiDissenso,

A Torino, sotto processo non solo No Tav e Askatasuna, ma le lotte sociali italiane

La protesta e chi vi partecipa sono frequentemente presi di mira dal potere giudiziario per annichilire il cambiamento e intimorire gli attivisti

Redazionale da un articolo di Jacobin Italia

 

Il 31 marzo il Tribunale di Torino emetterà la sentenza di primo grado nel processo che vede imputate 26 persone, con richieste di pena complessive di 88 anni, per presunta associazione a delinquere. La maggior parte delle accuse (66 su 72) riguarda le proteste contro la Tav in Val di Susa. L'articolo sostiene che questo processo non riguarda solo i militanti di Askatasuna e del movimento No Tav, ma rappresenta un attacco più ampio alle lotte sociali in Italia e alla libertà di dissenso.

Storicamente, le nuove istanze politiche e le battaglie per i diritti sono spesso represse da governi interessati a mantenere lo status quo. La protesta e chi vi partecipa sono frequentemente presi di mira dal potere giudiziario per annichilire il cambiamento e intimorire potenziali attivisti. L'attacco al movimento No Tav e al centro sociale Askatasuna crea un precedente pericoloso per la libertà di opinione in un contesto di crescente autoritarismo e restrizione degli spazi di dissenso.

La repressione governativa, evidenziata dal Ddl Sicurezza, mira a criminalizzare a priori ogni forma di conflitto sociale, punendo proteste spontanee e solidarietà attiva. L'uso del reato associativo in questo contesto è visto come una strategia perversa per criminalizzare l'opposizione sociale nel suo complesso, adottando una logica persecutoria verso interi movimenti politici e sociali.

Torino ha una lunga storia di utilizzo come "laboratorio" per strategie repressive, dalle misure amministrative alle accuse di terrorismo applicate al conflitto sociale. L'articolo ricorda i casi degli anarchici arrestati nel 1998 con l'accusa di terrorismo e il maxiprocesso No Tav del 2012, entrambi culminati con accuse pesanti poi ridimensionate o smentite in tribunale.

Nel caso attuale, l'indagine "Operazione Sovrano" è durata 13 anni e si basa su intercettazioni estrapolate e ricostruzioni tendenziose, con l'obiettivo di dimostrare l'esistenza di un'associazione sovversiva, accusa poi derubricata in associazione semplice. I pubblici ministeri ammettono di voler sperimentare se la ripetizione di atti violenti possa costituire la finalità di un'associazione a delinquere, una tesi che l'articolo definisce quasi lombrosiana.

L'articolo contesta l'idea che la militanza politica possa essere ridotta a un pretesto per la violenza, sostenendo che essa nasce dalla volontà di anteporre il benessere collettivo agli interessi individuali. Il tentativo di isolare Askatasuna e il movimento No Tav, presentandoli come manipolatori, è fallito perché le lotte sociali coinvolgono una rete ampia e variegata di persone. Inoltre, secondo l'articolo, la "regia" delle tensioni di piazza è spesso da attribuire alla gestione repressiva della protesta da parte delle forze dell'ordine.

In conclusione, il processo di Torino è più di un singolo caso giudiziario: è un tentativo di criminalizzare il conflitto sociale in sé. La storia del movimento No Tav, tuttavia, testimonia la forza di un popolo che lotta per la giustizia sociale, la difesa del territorio e un futuro migliore.

schermata-2025-03-02-alle-11.21.12.png

Siamo una goccia nel mare, ma se tante gocce diventano pioggia…  

Sostienici con una semplice iscrizione annuale a 15€. Clicca su questo link e procedi ad iscriverti, Grazie: https://www.paypal.com/ncp/payment/PMJB8NE3334JS

Sostieni la nostra attività