Marco Nesci
Si continua a ripetere, quasi fosse un mantra rassicurante, che l'Europa non vede guerre sul proprio suolo da ottant'anni, dalla fine del secondo conflitto mondiale. Una narrazione comoda, ma profondamente fallace e pericolosa, che ignora le ferite ancora aperte e le verità scomode del nostro recente passato. Basti ricordare il 24 marzo 1999, quando le bombe della NATO iniziarono a piovere su Belgrado, nel cuore dell'Europa, in un atto di guerra non autorizzato dalle Nazioni Unite.
Quella notte, e per le successive settantotto, non ci furono parate o celebrazioni, ma solo il fragore assordante delle esplosioni, la polvere che oscurava il cielo e il terrore negli occhi della popolazione civile. Ponti distrutti, infrastrutture vitali annientate, ambasciate, vite spezzate 2500 : il bilancio di quell'aggressione fu pesante e doloroso. Un paese sovrano fu attaccato, la sua integrità territoriale violata, in nome di interessi che poco avevano a che fare con il diritto internazionale e molto con le strategie geopolitiche della NATO e degli Stati Uniti.
Eppure, ancora oggi, si fatica a riconoscere quella campagna di bombardamenti per ciò che fu: un atto di guerra in piena regola, consumatosi alle porte delle nostre case. Un'azione che calpestò il diritto internazionale, bypassando il necessario mandato dell'ONU e aprendo una pericolosa breccia nel sistema di regole che dovrebbe governare le relazioni tra gli stati.
È ancora più stridente questo silenzio assordante se pensiamo che, all'epoca di quei bombardamenti, l'attuale Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ricopriva la carica di Vicepresidente del Consiglio dei Ministri. Proprio lui, che oggi si erge a paladino del diritto internazionale e della pace, faceva parte di un governo che partecipò attivamente ai bombardamenti con un'operazione militare priva di legittimità internazionale.
Come si concilia questa partecipazione con l'odierna difesa strenua dei principi del diritto? Forse la memoria è corta, o forse la narrazione dominante preferisce dimenticare le scomode verità di un passato che continua a proiettare ombre sul presente. Ma è nostro dovere ricordare, soprattutto a chi oggi ricopre alte cariche istituzionali, che la "pace" europea degli ultimi ottant'anni è stata spesso macchiata da interventi militari controversi e da un cinico calpestamento del diritto internazionale in nome di interessi di parte. Non possiamo permettere che la storia venga riscritta per convenienza: la verità, per quanto scomoda, è il primo passo per costruire una pace autentica e duratura.

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