di Marco Nesci
Il sabato appena trascorso ha offerto uno spaccato nitido e, per molti versi, preoccupante del panorama politico italiano. Da un lato, una piazza (Barberini) animata da un desiderio di pace, di dialogo, di allontanamento dagli orrori del conflitto. Dall'altro, una piazza ( del Popolo) che, pur avendo alcuni segnali di nobili intenti di solidarietà, si è espressa a favore di un maggiore coinvolgimento, diretto - indiretto, nel conflitto in corso. Pacifisti contro interventisti, semplificando, ma in questa semplificazione risiede una verità profonda: su un tema fondamentale e decisivo come la guerra e la pace, la società e, di conseguenza, la politica, appaiono profondamente divise.
Questa contrapposizione, lungi dall'essere un semplice dibattito, ha delle ripercussioni significative sull'intero quadro politico. Chi ancora nutriva la speranza di una "sinistra di alternativa" capace di confluire in un ampio centrosinistra in funzione anti-destra, dovrebbe ora fare i conti con una realtà inequivocabile. Su un tema così dirimente e sovrastante come la guerra, non solo non esiste alcuna possibilità di costruire un "campo largo", ma anzi, il concetto stesso di centrosinistra perde ulteriormente coesione e va in frantumi
La recente votazione al Parlamento Europeo sul riarmo e sull'invio di armi all'Ucraina ha fornito una plastica dimostrazione di questa frattura. Il Movimento 5 Stelle, con una scelta che molti osservatori hanno giudicato coerente alla propria storia e i propri valori, ha votato con convinzione contro, distanziandosi in maniera netta dalle posizioni del Partito Democratico. Questo episodio non è un semplice incidente di percorso, ma la certificazione, se ancora ce ne fosse bisogno dopo le dinamiche degli ultimi anni, della profonda crisi identitaria e programmatica del centrosinistra. Un'alleanza che su un tema così cruciale non riesce a trovare una sintesi, se non una contraddizione stridente, difficilmente può proporsi come un'alternativa credibile e unitaria al governo in carica.
In questo scenario di divisioni e incertezze, l'universo che ha animato la piazza "pacifista" di sabato si trova di fronte a un'occasione storica. La contrapposizione netta sul tema della guerra e della pace offre la possibilità di avviare un processo reale e concreto di costruzione di un'alternativa al sistema di potere neoliberista e guerrafondaio che domina il dibattito pubblico. Il primo passo potrebbe e dovrebbe essere la costituzione immediata di un coordinamento nazionale contro la guerra, capace di promuovere iniziative politiche durature e ripetute, incalzando il governo e sensibilizzando l'opinione pubblica.
In questo percorso, un confronto costruttivo con il Movimento 5 Stelle appare non solo auspicabile, ma necessario. La manifestazione nazionale contro il riarmo e la guerra convocata dal M5S per il prossimo 5 aprile rappresenta un'opportunità concreta per coorganizzare una piazza unitaria, capace di esprimere con forza e chiarezza la volontà di un'ampia fetta della società italiana contraria all'escalation militare. Questa collaborazione potrebbe rappresentare una svolta, la rottura definitiva della "gabbia" del centrosinistra e la nascita di un terzo polo politico realmente alternativo.
Sia chiaro, la creazione di un terzo polo credibile e forte, radicato su temi concreti come la contrarietà alla guerra, la giustizia sociale e la difesa dei diritti, avrebbe un impatto potenzialmente dirompente sull'intero sistema politico italiano. Un polo di questo tipo potrebbe incrinare definitivamente il bipolarismo che ha caratterizzato gli ultimi decenni, un sistema che ha soffocato il dibattito democratico e limitato la rappresentanza delle diverse sensibilità presenti nella società. Non è utopistico pensare che una dinamica politica rinnovata possa favorire un ritorno a un sistema proporzionale, dove le assemblee elettive tornano ad essere il vero luogo di elaborazione politica e di scelta dei governi, invertendo una tendenza che ha visto sempre più spesso l'esecutivo condizionare il legislativo.
In conclusione, la contrapposizione di piazza di sabato non è un semplice episodio isolato, ma un sintomo di una frattura profonda che attraversa la società e la politica italiana. In questo contesto, le forze che si riconoscono nei valori della pace e della giustizia sociale hanno l'opportunità storica di superare le vecchie logiche di schieramento e di costruire un'alternativa politica credibile e duratura, capace di rispondere alle reali esigenze del Paese e di contribuire a un futuro di pace e prosperità per tutti.

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