Redazionale
L'incontro di Gedda tra Stati Uniti e Ucraina, focalizzato sull'ipotesi di un cessate il fuoco nel conflitto in corso, ha immediatamente suscitato una reazione di profonda diffidenza a Mosca. In linea con una narrativa consolidata, la Russia teme che questa iniziativa non sia altro che una nuova "trappola" occidentale, orchestrata per concedere a Kiev il tempo e le risorse per riarmarsi e prepararsi a una rinnovata offensiva. Questa percezione si radica in una storia di relazioni tese e nella convinzione russa di essere stata ripetutamente ingannata dall'Occidente.
Dalla prospettiva di Mosca, ogni proposta proveniente da Washington, soprattutto se mediata attraverso Kiev, viene analizzata con estrema cautela, se non sospetto. L'ombra dell'allargamento della NATO, percepito come una promessa non mantenuta, si allunga ancora sulle dinamiche attuali. Così come gli accordi di Minsk, visti come un mero strumento per congelare il conflitto a vantaggio dell'Ucraina, l'ipotesi di un cessate il fuoco a Gedda viene interpretata come una tattica per perpetuare lo status quo, permettendo all'Ucraina di ricostituire le proprie forze con l'aiuto occidentale.
La Russia, oggi più che mai, aspira a una pace "definitiva", un esito che, ai suoi occhi, deve necessariamente passare attraverso il riconoscimento internazionale dell'annessione delle quattro regioni russofone del Donbass – Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia – e la garanzia assoluta della neutralità dell'Ucraina rimanente. Questi obiettivi, non negoziabili per Mosca, rappresentano la base per una soluzione che la Russia considera in grado di tutelare i propri interessi di sicurezza e porre fine a ciò che percepisce come una minaccia esistenziale proveniente dall'Occidente e dalla sua espansione verso est.
La radice di questa diffidenza affonda nel terreno fertile di una lunga serie di esperienze, reali o percepite, di insincerità e doppio gioco da parte occidentale. L'allargamento della NATO, gli accordi di Minsk mai pienamente applicati dall'Ucraina sotto la regia occidentale e, persino, i negoziati di Istanbul interrotti bruscamente – visti da Mosca come un "dietrofront" ucraino indotto dall'Occidente – hanno contribuito a creare un clima di profonda sfiducia. Ogni nuova iniziativa occidentale viene quindi filtrata attraverso questa lente deformante, alimentando il timore di essere nuovamente manipolati.
In questo contesto, l'accordo di Gedda viene letto come un potenziale diversivo, un'abile manovra per consolidare il supporto occidentale a Kiev e preparare il terreno per una futura escalation, piuttosto che un sincero tentativo di de-escalation. Per la Russia, la vera pace può nascere solo dal riconoscimento delle sue "linee rosse" e dalla garanzia di un equilibrio geopolitico che tenga conto delle sue esigenze di sicurezza, un approccio diametralmente opposto a quello percepito nelle iniziative occidentali come quella di Gedda. Superare questa profonda diffidenza, radicata in una storia complessa e in percezioni contrapposte, rimane la sfida cruciale per qualsiasi prospettiva di pace duratura.

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