di Antonella Marras
“...e il carrozzone va avanti da sé...cit.”
E ci risiamo nuovamente con le competizioni elettorali. Che poi, alla fine, tutta questa posizione sulla “necessaria governabilità”, in una altalena di alternanza, dove sarebbe, visto che siamo di continuo catapultati nel vortice elettorale?
L’amministrazione uscente del comune di Genova propone il vice del sindaco, in una continuità assoluta, “perché si devono portare a termine le opere iniziate”, come da loro visione, di città. Non si capisce se sia una promessa o una minaccia.
Il cosiddetto centro sinistra, dopo otto anni sui banchi delle opposizioni, cerca il modo di riconquistare la città, praticamente una competizione che prevede due squadre e rispettivi tifosi.
Per oltre un mese, ogni giorno, uscivano nomi, che venivano smentiti il giorno dopo.
L’alta percentuale di consensi ricevuti durante le recenti elezioni regionali non ha consentito al PD cittadino di esprimere un nome di partito per i vari veti avanzati dai partiti del campo largo. Però, a quanto pare, sui contenuti del programma hanno trovato convergenze. Non mi stupisco, mi chiedo solo con quale coerenza da parte di alcune delle realtà che ne fanno parte.
Tutto salta: guerra, grandi opere, diritti dei lavoratori, attacchi alla Costituzione, spese militari, invio armi, non devono entrare in nessun tavolo di confronto. L’unico obbiettivo è mandare via la destra. Poco importa se le tante delle opere che cittadini e comitati contestano, le abbiano volute e continuino a volerle proprio quelli che ora si ergono a difensori dei diritti del “popolo”. Ci si dimentica di tutto, un oblio, e , all’improvviso, proprio il PD propone un nome che dovrebbe federare la coalizione larghissima, ovviamente proponendosi di essere da esempio in tutta Italia. Anche qui, è una promessa o una minaccia?
C’è da chiedersi, per altro, come si faccia ad affrontare anche la campagna referendaria per i 5 Referendum sul lavoro e cittadinanza, quando al proprio interno, questa coalizione ha chi è stato l’artefice della perdita di quei diritti sul lavoro che ora si vorrebbero ripristinare.
Non c’è dubbio che la scelta di un nome di espressione civica o, meglio, non appartenente ad alcun partito, giovane donna arrivata ai vertici di una importante organizzazione, con alle spalle una bella carriera sportiva, abbia preso contropiede il centro destra, che ha fatto subito quadrato, adottando la tecnica comunicativa atta a sottolineare quello che in tanti in città si sono chiesti: “si genovese ma lontana dai problemi che le persone vivono ogni giorno nei quartieri, vicina comunque ai vertici della politica, proprio per la posizione che ricopre, di sinistra “per tradizione famigliare”. Rimarchevole che sia stato il centro destra a far emergere quanto i nomi siano in realtà interscambiabili: “potrebbe essere stata candidata anche da noi”, tuona Bucci
Un colpo di fulmine, per la sonnacchiosa e ingessata classe politica della città senza che ai cittadini, sia dato a sapere cosa contenga quel programma alternativo, dato che le prime dichiarazioni sembrano cercare di dare, come si dice, un colpo al cerchio e uno alla botte, accontentando un po' tutti, cittadini dell’area e circoli. Tutto ovviamente utilizzando un buon metodo comunicativo, convincente, con parole giuste come “padroni” che, a noi estremisti utopici di sinistra, ci vengono sempre contestate come desuete, persona del “popolo” che vuol dire tutto e niente (anche Meloni si definisce così). Insomma, stiamo assistendo quasi ad un atto di fede, con adepti che sui social si scagliano contro chiunque minimamente provi a porre dei dubbi. La solita litania del voto utile. Ma utile a chi, per fare cosa?
Certo i danni fatti da questa amministrazione nell’aver snaturato la città ci sono chiari: hanno cercato di farla diventare altro da quello che è, usando le commistioni con i potentati economici, quelle emerse dall’inchiesta che ha portato all’arresto, ricordiamolo ogni tanto, dell’ex presidente della Regione, commistioni che comunque coinvolgevano scelte fatte anche a livello comunale: ricordiamo lo spostamento dei depositi chimici, le aree portuali assegnate, le pressioni che abbiamo letto nei giornali degli imprenditori alla politica in cambio di soldi per campagne elettorali e mantenimento di privilegi.
Che poi su quella barca ci andavano un po' tutti a quanto pare.
C’è da chiedersi se sia questo il livello che ha raggiunto la politica di questa “classe dirigente”, anche di quella di alternanza.
Spesso ricordo che, se si apparecchia la tavola, poi qualcuno che viene a mangiarci in modo sguaiato lo si trova. Questo è accaduto dalle varie privatizzazioni, alla logica delle grandi opere, al sostegno di quel modello Genova sbandierato ed utilizzato come scusa per la nascita di commissari per ogni cosa; per poter “semplificare”, dicono loro, procedure e autorizzazioni. Non dimentico la frase “il codice degli appalti lo abbiamo buttato nel cesso”, pronunciata dal ministro in visita al cantiere del ponte in Valpolcevera.
Anche se a pensarci non dovrebbe stupirmi data la natura liberista della coalizione, forse, al posto di una operazione che sembra più di marketing che politica, sarebbe stato meglio ammettere errori del passato e ripensamenti, anziché scimmiottare le modalità proprie della destra, perché poi finisce che le persone al voto scelgono l’originale.
Le alternative poi, che potrebbero arrivare in questa tornata elettorale, sono già state ampiamente sottovalutate, sminuite, derise, grazie ad un sistema elettorale respingente, antidemocratico che non garantisce rappresentatività, allontanando ulteriormente le persone dall’esercizio del voto.
In questo quadro la presenza di una lista di sinistra alternativa al centro destra e al centro liberista, che sia anticapitalista, contro la guerra e l’economia di guerra, in ascolto delle realtà sociali attive, che intercetti la voce di chi lavoro non ha, di chi ha lavoro povero, sfruttato, precario, di chi si batte per la casa, per la sanità e servizi pubblici, per l’ambiente, che sia internazionalista e antifascista, per un wellfare che colpisca la povertà e non i poveri, di chi ha rinunciato a votare quella che appare come mera alternanza di governo, diventa più che necessaria.