Viviamo in un’epoca in cui la parola "democrazia" risuona costantemente nel discorso pubblico. Ci viene ripetuto incessantemente che viviamo in sistemi democratici avanzati, dove la stampa è libera, le elezioni sono regolari, la libertà di espressione e pensiero è inviolabile e il diritto di manifestare è garantito. Questi principi, enunciati con enfasi, dipingono un quadro idilliaco di società aperte e pluraliste. Ma cosa accade quando ci allontaniamo dalla retorica e osserviamo la realtà dei fatti?
La verità è che, sempre più spesso, la presunta democrazia si rivela un sistema a senso unico, tollerante solo verso chi si allinea al pensiero dominante. Se osi mettere in discussione le narrazioni ufficiali, se esprimi perplessità o proponi interpretazioni alternative, ti ritrovi rapidamente etichettato come nemico, un deviante da ostracizzare.
Prendiamo alcuni esempi concreti. La campagna vaccinale degli ultimi anni è stata accompagnata da un’intensa pressione sociale e mediatica. Chi ha sollevato dubbi sulla reale efficacia immunizzante di certi farmaci, pur senza essere contrario ai vaccini in generale, è stato immediatamente bollato come "novax". Un termine dispregiativo che non ammette sfumature e che annulla ogni possibilità di dialogo o confronto scientifico. Non importa se le tue perplessità si basano su dati o studi alternativi, l'etichetta di "novax" ti marchia come irresponsabile e pericoloso per la società.
Allo stesso modo, analizziamo il conflitto in Ucraina. Chiunque osi suggerire che la NATO e l'Unione Europea e gli USA abbiano avuto un ruolo nel precipitare la situazione, o che gli interessi in gioco siano più complessi della semplice aggressione russa, viene immediatamente tacciato di essere "putiniano". Questo avviene anche se la tua posizione politica è anni luce distante da quella di Putin e se condanni l'invasione russa. Esprimere una visione geopolitica diversa da quella mainstream significa essere automaticamente schierati con l'aggressore, senza spazio per analisi più articolate e addirittura corri il rischio di finire in liste di proscrizione.
Se, consideriamo la tragedia di Gaza, siamo all'apoteosi del falso e dellla sfrontatezza. Denunciare le azioni militari israeliane come un genocidio, in riferimento al diritto internazionale e alle testimonianze sul campo, ti espone all'accusa infamante di antisemitismo e di sostegno al terrorismo di Hamas. Questo accade anche se sei visceralmente contrario al terrorismo e consapevole che le popolazioni arabe sono anch'esse di origine semita. In questo caso, la critica al sionismo, che è un movimento politico specifico e non una categoria etnica, viene deliberatamente confusa con l'odio verso gli ebrei, chiudendo di fatto ogni dibattito sulla questione palestinese.
In tutti questi esempi, emerge una immagine ripetitiva inquietante: la democrazia sembra esistere solo per chi la pensa in un certo modo. La libertà di espressione è validata unicamente se si esprime un pensiero conforme al potere e al pensiero unico dominante. Se ti discosti, se critichi, se proponi alternative, vieni immediatamente marginalizzato, demonizzato e silenziato attraverso etichette infamanti e indicato come nemico.
Anche il diritto di manifestare, un altro pilastro delle democrazie, è sempre più eroso. Le piazze, che dovrebbero essere luoghi di libero confronto e dissenso, sono spesso teatro di repressione poliziesca. Le immagini di manifestanti manganellati e caricati dalle forze dell'ordine sono diventate tristemente familiari. E con l'introduzione di nuovi decreti sulla sicurezza, il diritto di manifestare pacificamente viene ulteriormente limitato, con il rischio di arresti e sanzioni per chi osa esprimere il proprio dissenso in pubblico.
La conclusione amara è che la democrazia, così come ci viene presentata, sembra essere una facciata. Ci viene fatto credere di vivere in un sistema libero e aperto, ma solo a condizione di adeguarci e obbedire al potere costituito. La vera democrazia, quella che dovrebbe accogliere e valorizzare la pluralità di voci e il confronto aperto di idee, appare sempre più distante, soffocata da un conformismo strisciante e dalla paura di essere etichettati come nemici per aver osato pensare diversamente. È tempo di riscoprire il vero significato della democrazia, quella che non si limita alle parole, ma si concretizza nella reale tolleranza del dissenso e nella garanzia effettiva della libertà di pensiero per tutti, anche per chi non si allinea al pensiero dominante.