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Vertice di Parigi sull'Ucraina: una parata dell'impotenza europea mentre la follia delle spese militari dilaga

2025-02-18 01:00

Redazionale

politica interna,

Vertice di Parigi sull'Ucraina: una parata dell'impotenza europea mentre la follia delle spese militari dilaga

l'incontro ha evidenziato l'irritazione, visibile, dei leader europei per essere stati brutalmente esclusi dal tavolo negoziale tra Stati Uniti e Russia

Il vertice di ieri a Parigi sull'Ucraina, convocato con enfasi da Macron, si è concluso come era prevedibile: una sterile esibizione di impotenza europea. Lungi dal rappresentare un’iniziativa di peso politico, l'incontro ha piuttosto evidenziato l'irritazione, malcelata ma palpabile, dei leader europei per essere stati brutalmente esclusi dal tavolo negoziale tra Stati Uniti e Russia. Un tavolo dove si decidono le sorti del conflitto ucraino e, di riflesso, quelle del continente europeo. Ma la realtà è inequivocabile: l’Europa, con la sua leadership politica complessiva, insieme alla NATO, esce da questa crisi umiliata e sconfitta.

Invece di affrontare con lucidità la propria marginalizzazione e cercare vie d'uscita diplomatiche concrete, l'unica risposta che l'establishment europeo sembra capace di offrire è un pericoloso e ossessivo aumento delle spese militari. Un riflesso condizionato, una spirale di follia che ci trascina verso un baratro sempre più oscuro. Figure come Rutte, neo-segretario generale della NATO ed espressione di un europeismo acritico e militarista, si ergono a paladini di questa deriva, convincendo “mezza Europa” ad alzare l’asticella della spesa militare oltre il già preoccupante 2% del PIL, spingendosi ora verso un irragionevole 3%.

Dietro queste percentuali apparentemente innocue si celano voragini di denaro pubblico. Miliardi su miliardi che ogni nazione dovrebbe sottrarre ad altri settori vitali per alimentare una corsa agli armamenti dai contorni sempre più inquietanti. In Italia, un paese già gravato da un debito pubblico soffocante, siamo attualmente all’1,5% del PIL destinato alla difesa. Per raggiungere il 2%, mancano già 11 miliardi di euro. E ora si prospetta di triplicare questo sforzo, prosciugando ulteriormente le casse dello Stato e aumentando un debito già fuori controllo.

Ma da dove arriveranno queste risorse? La risposta è tragicamente semplice: da tagli indiscriminati a tutto ciò che non è considerato “difesa”. In un paese come l'Italia, dove la povertà assoluta affligge 5,7 milioni di persone, dove la sanità pubblica è precipitata nel baratro, dove gli enti locali vengono depauperati di risorse essenziali e l'economia è sull'orlo della recessione, questa scelta è semplicemente criminale. Mentre gli Stati Uniti, cinicamente avvantaggiati da questo conflitto, rafforzano la propria economia, almeno quella delle armi, l'Eurozona annaspa, sull'orlo del precipizio.

E in questo scenario drammatico, personaggi come Rutte hanno l'ardire di ammonirci, rimproverandoci di non spendere abbastanza, esortandoci ad abbracciare una delirante “economia di guerra”. Ma in quale mondo parallelo vivono questi individui? Non vedono la disperazione che serpeggia nelle nostre società? Non sentono il grido d’aiuto di chi perde la casa, di chi non riesce a pagare le bollette, di chi non ha accesso a cure mediche adeguate?

L'idea stessa di un'”economia di guerra”, in questo contesto di profonda crisi sociale ed economica, è non solo aberrante, ma profondamente immorale. Che leader politici, come Meloni e Crosetto (ma su guerra e armi, anche la Schlein), si accodino entusiasti a queste sirene guerrafondaie, dimostra una sconcertante miopia e una totale mancanza di sensibilità verso le reali esigenze dei cittadini. Il vertice di Parigi, lungi dall'essere un punto di svolta, si è rivelato l'ennesima conferma della deriva pericolosa e irresponsabile intrapresa dalla leadership europea. Una deriva che rischia di condannare il nostro continente a un futuro di instabilità, impoverimento e crescente follia militarista.

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