Con questo articolo, la redazione del blog, ritiene necessario fare un breve riassunto storico per sottolineare come al fianco di Hitler nell'invasione della Unione Sovietica ci fosse l'Italia di Mussolini e di come sia improprio oltre che sbagliato, cercare di dare lezioni ai Russi di oggi, quando in realtà in quel periodo storico l'Italia si coprì di vergogna a fianco del Terzo Reich, la Wehrmacht.
Nel giugno del 1941, l'Italia fascista di Benito Mussolini, legata all'alleanza con la Germania nazista, si unì con entusiasmo all'Operazione Barbarossa, l'invasione dell'Unione Sovietica voluta da Hitler. Nacque così l'ARMIR, l'Armata Italiana in Russia (o Armata Italiana Russia, o ancora Armata Italiana sul Fronte Russo), un corpo di spedizione inizialmente composto da circa 230.000 uomini, destinato a conoscere le pene dell'inferno bianco. La campagna sul fronte orientale, lungi dall'essere una gloriosa avventura, si trasformò in una tragedia immane per l'esercito italiano e per l'intero paese.
Le ragioni dell'adesione italiana a questa impresa suicida furono molteplici. In primis, l'adesione ideologica al progetto anti-comunista e l'allineamento politico con la Germania. Mussolini, desideroso di emulare le vittorie fulminee di Hitler e di ritagliarsi un ruolo di potenza imperiale, vedeva nell'invasione sovietica un'opportunità per espandere l'influenza italiana e guadagnare prestigio agli occhi dell'alleato tedesco. C'era anche una malcelata speranza di acquisizioni territoriali nei vasti spazi sovietici.
Inizialmente, l'ARMIR, composto da divisioni di fanteria, alpini e camicie nere, avanzò rapidamente al fianco delle forze tedesche. Spinto dall'onda iniziale dell'offensiva di Barbarossa, l'esercito italiano si spinse profondamente nel territorio sovietico, partecipando a battaglie e operazioni in Ucraina e nella regione del Don. Tuttavia, ben presto, la realtà del fronte orientale si rivelò ben diversa dalle aspettative ottimistiche del regime fascista.
Le truppe italiane si trovarono a fronteggiare un nemico determinato e numeroso, ma soprattutto un ambiente ostile e spietato. L'inverno russo, con le sue temperature polari, la neve implacabile e le tempeste di ghiaccio, si abbatté con violenza sulle divisioni italiane, equipaggiate in modo del tutto inadeguato per quelle condizioni estreme. Le divise leggere, gli armamenti obsoleti, la mancanza di mezzi di trasporto e di rifornimento adeguati resero la vita dei soldati italiani un calvario quotidiano. Il freddo, la fame, le malattie, e la stanchezza divennero nemici più letali del combattimento stesso.
La svolta catastrofica arrivò nell'inverno del 1942-1943, con la Battaglia di Stalingrado e la successiva controffensiva sovietica, l'Operazione Urano. L'ARMIR, schierato sul fianco sinistro della VI Armata tedesca, si trovò a fronteggiare una massiccia offensiva sovietica. Le divisioni italiane, sguarnite, mal equipaggiate e numericamente inferiori, furono travolte. La resistenza disperata dei soldati italiani non poté nulla contro la potenza di fuoco e la determinazione dell'Armata Rossa.
La ritirata che seguì fu una tragedia senza fine, una fuga disordinata attraverso la steppa gelata, sotto il fuoco incessante dell'artiglieria e dell'aviazione sovietica. Decine di migliaia di soldati italiani morirono durante la ritirata, stremati dal freddo, dalla fame, dalle malattie, o caddero prigionieri. Le perdite dell'ARMIR furono spaventose: si stimano oltre 80.000 morti, decine di migliaia di feriti e prigionieri. Intere divisioni furono annientate.
Il disastro della campagna di Russia segnò una svolta cruciale nella Seconda Guerra Mondiale e un colpo mortale per il regime fascista. La notizia delle perdite subite in Russia si diffuse rapidamente in Italia, minando il morale della popolazione e alimentando un crescente dissenso nei confronti della guerra e del regime. I soldati italiani sopravvissuti, tornati a casa, portarono con sé il ricordo indelebile dell'inferno bianco, la disillusione e la consapevolezza della follia di un conflitto voluto da un regime ormai screditato e destinato al collasso. L'avventura in Unione Sovietica, iniziata con tanta enfasi propagandistica, si concluse con una tragedia nazionale, lasciando dietro di sé un solco profondo nella memoria collettiva italiana.