La storica azienda tedesca Georgsmarienhütte, un pilastro nella produzione di acciaio di alta qualità per l'industria europea, ha lanciato un allarme che risuona in tutta l'economia: se i prezzi dell'elettricità non scenderanno dai livelli insostenibili attuali, la produzione potrebbe essere spostata fuori dalla Germania. La notizia, riportata dal quotidiano tedesco Focus, sottolinea la gravità della crisi energetica che sta colpendo il cuore industriale dell'Europa.
Georgsmarienhütte non è un'azienda qualsiasi. Con una tradizione secolare nella lavorazione dell'acciaio speciale, fornisce materiali essenziali per settori chiave come l'automotive, l'ingegneria meccanica e l'aerospaziale. Un eventuale abbandono della Germania da parte di un tale colosso manderebbe un segnale devastante, accelerando potenzialmente la deindustrializzazione del paese e dell'intero continente.
Ma quali sono le radici di questa crisi energetica che mette in ginocchio aziende come Georgsmarienhütte? La risposta risiede in una complessa combinazione di fattori. In primo luogo, la scelta politica di rinunciare al gas russo, una fonte energetica un tempo economica e affidabile, ha privato la Germania di una componente cruciale del suo mix energetico. A ciò si aggiunge la controversa decisione di chiudere le centrali nucleari, considerate da molti una fonte di energia pulita e stabile, soprattutto in un periodo di transizione verso le rinnovabili.
In questo contesto, la Germania si è trovata a dipendere fortemente dall'energia eolica e solare. Sebbene queste fonti rinnovabili siano fondamentali per la lotta al cambiamento climatico, la loro natura intermittente rappresenta una sfida significativa per un sistema industriale che richiede forniture energetiche costanti e prevedibili. Quando il vento non soffia e il sole non splende, la produzione di energia crolla, spingendo i prezzi dell'elettricità a livelli proibitivi, soprattutto per le industrie energivore come quella dell'acciaio.
Le conseguenze di questa situazione non si limitano alla Germania. L'Italia, strettamente legata all'economia tedesca attraverso catene di fornitura e scambi commerciali, rischia di subire pesanti ripercussioni. Un calo della produzione industriale tedesca si tradurrebbe inevitabilmente in una minore domanda di beni e servizi italiani, con conseguenze negative sull'occupazione e sulla crescita economica del nostro paese.
L'annuncio di Georgsmarienhütte è quindi un campanello d'allarme che non può essere ignorato. La crisi energetica tedesca non è un problema isolato, ma una sfida europea che richiede soluzioni urgenti e coordinate per evitare un declino industriale dalle conseguenze sociali ed economiche incalcolabili. Una classe politica intelligente e che fa gli interessi dei popoli europei, abbandonerebbe il suicidio di forniture costose 4 volte tanto e non sufficienti al fabbisogno, rivedendo l'idiozia di scartare il gas e il petrolio russo. La decisione finale di Georgsmarienhütte sarà una cartina di tornasole per capire se la Germania e l'Europa saranno in grado di affrontare questa sfida e garantire un futuro competitivo per la loro industria.